Irene Soave parla di questo sentimento utilissimo a chi gestisce il lavoro e meno a chi lo fa, tanto che si parla di hope labourers – tutti i giovani e meno giovani che accettano lavori precari a condizioni pessime per loro e egregie per i loro datori con la speranza di essere poi regolarizzati (spoiler: non accade più che in un caso su tre, secondo l’Inapp). E viceversa del sentimento opposto: allora bisogna disperare, cioè pensare che dal lavoro non può venirti mai niente di buono, e certo non una realizzazione personale anche piccola? La risposta del libro è che bisogna invece trasformare la disperazione in incazzatura.
Lo Statuto dei lavoratori è in vigore in Italia dal 1970. Irene Soave ne rivisita alcuni articoli leggendoli alla luce di quanto succede oggi alle donne e tra le donne nel mondo del lavoro. Nella sua inchiesta sentimentale – condotta col piglio concreto e rapido della giornalista, ricca di dati ma accesa dalla passione di ciò che vede, sente, è – Irene Soave fotografa la collettiva disaffezione al lavoro individuandone le radici, i sintomi e le conseguenze: abbiamo davvero tutti il burnout? Il lavoro flessibile davvero ci rende liberi? Davvero una puerpera su due deve considerare inevitabile abbandonare la vita attiva? Davvero un compito va svolto bene pure se è brutto? Davvero cambiare vita è una soluzione? Irene Soave guarda a sé e al mondo, colleziona storie, torna indietro nel tempo e immagina un futuro possibile per compilare con il suo stile serrato e caldo un compendio di chi siamo e come siamo quando siamo al lavoro oggi, con quali disperazioni e quali prospettive. Ne risulta un’analisi puntuale della nostra società, ancora impigliata negli stereotipi, ancora poco inventiva nel pensare un mondo del lavoro in cui tutti e tutte si stia meglio, si stia bene, si possa stare senza rinunce. Tutti e tutte. Perché “la manutenzione dell’habitat, la cura a che non sia respingente, il conflitto necessario per difenderlo dall’ingordigia e dalla prepotenza di chi lo comanda, e ritiene di possederlo sono mansioni collettive”. E un mondo del lavoro che includa le donne è più abitabile anche per gli uomini.
Irene Soave
Nata a Savigliano nel 1984, vive e lavora a Milano. È giornalista al Corriere della Sera, dove si occupa di esteri, attualità e cultura.
Colleziona libri di galateo e riviste femminili, a cui ha dedicato, nel lontano 2005, anche una tesi di laurea.
Ha vissuto a Colonia, in Germania, abbastanza a lungo da rimpatriare con gioia.