Oscar Iarussi

02 Ottobre - Seminario Vescovile ore 19:30

Fellini "nichilista mite"

Il concetto di inazione di molti personaggi felliniani sembra un trionfo del postmoderno, così come la frase: "Non ho proprio niente da dire, ma voglio dirlo lo stesso", pronunciata del regista Guido in "8½". Bisogna riflettere su questo: Fellini gira i suoi capolavori nell'Italia dei primi anni Sessanta ("La dolce vita" esce nel 1960, "8½" è del 1963, ndr), in piena mutazione antropologica da mondo contadino alla società industriale, un passaggio epocale che si vede molto bene nei suoi film. Siamo in un'Italia dominata dai cattolici, da una parte, e dall'ideologia comunista, dall’altra; con quella frase, invece, Fellini si colloca immediatamente al di fuori di queste fazioni. È ciò che definirei il suo "nichilismo mite": non un nichilismo freddo, algido, o disperato, alla Beckett insomma, ma profondamente empatico, mitigato dalle relazioni con l'altro, che stempera negli affetti la sua carica eversiva, perché fortemente inserito dentro la percezione comunitaria. In questo senso, Fellini è italiano al cento per cento, poiché proviene da una tradizione che si aggancia alla poetica di Leopardi, alla letteratura della sua regione, al comunitarismo romagnolo. Tuttavia, è vero anche che Fellini riuscirà a non ascriversi mai per davvero a nessuno di questi ambiti, restando sempre un passo a lato da tutto.

Oscar Iarussi: Giornalista e saggista, responsabile Cultura e Spettacoli della Gazzetta del Mezzogiorno. Critico cinematografico, fa parte del Comitato esperti della Mostra di Venezia; ha presieduto la Apulia Film Commission e ideato la rassegna Frontiere. La prima volta (catalogo Laterza, 2011). Tra i suoi libri: L’infanzia e il sogno. Il cinema di Fellini (Ente dello Spettacolo, 2009), Ciak si Puglia. Cinema di frontiera 1989-2012 (Laterza – Edizioni della Libreria, 2012), Visioni americane. Il cinema “on the road” da John Ford a Spike Lee (Adda, 2012); per il Mulino C’era una volta il futuro. L’Italia della Dolce Vita (2011).