DOMENICA 7 MAGGIO
Ore 19:30 - Mater Gratiæ
Gabriella Caramore
Chi non spera l'insperato non lo troverà (Eraclito)
Possono essere molti i varchi di una vita sbarrati dalle dighe della disperazione.
Quelli di chi si trova nel disastro di una guerra. In un lutto precoce.
In una malattia dolorosa che condanna. “Speranza” può risultare in questi
casi una parola vuota, ridicola, offensiva, se la si considera una piccola,
delicata virtù capace di dare sollievo. Ma la “speranza” non è esattamente
agli antipodi della disperazione. Ne è una conseguenza non scontata, un possibile.
Non si spera se non si dispera. “Sperare” è un lavoro duro, inscritto nelle fatiche
della storia umana attraverso le porte strette degli “eppure”, dei “nonostante”, dei “tuttavia”.
“Eppure, la vita è qualcosa di bello e di grande” scrive Etty Hillesum nel campo di morte di Westerbork.
“Oggi la vita è un debito orrendo” - dice un verso di Endre Ady; e nonostante questo
“l’uomo non vuole morire”. E per l’apostolo Paolo è possibile solo “sperare contro ogni speranza”.
Anche nel linguaggio biblico la speranza - assieme alla fiducia e all’amore - non è una strada maestra,
ma un piccolo resto nel cammino dell’umano.
Bio
Gabriella Caramore è nata a Venezia nel 1954. Vive a Roma, dove ha insegnato Religioni e
comunicazione all'Università La Sapienza. È autrice della trasmissione di cultura religiosa
di Radio 3 "Uomini e Profeti" e dirige una collana di spiritualità dallo stesso titolo presso
la casa editrice Morcelliana. Tra i suoi libri si citano: La fatica della luce, Il
sogno è potenza di realtà, Nessuno ha mai visto Dio, Come un bambino. Saggio sulla vita piccola,
Pazienza. È coautrice con Maurizio Ciampa di Le domande dell'uomo e La vita non è il male.